Indicazioni per lezioni "DSA frendly"

Possibili Criteri Generali per strutturare una lezione “DSA Friendly”


di Claudia Daria Boni, Valentina Ferretti, Giacomo Guaraldi e Elisabetta Genovese.

È ormai comprovato come le difficoltà nella letto-scrittura e i DSA in generale (Kemp, Parrila e Kirby,2009) siano disturbi che permangono lungo tutto l’arco della vita, nonostante possano essere - se non “curati” - quantomeno trattati grazie a specifiche attività. Oggi, la conoscenza scientifica sull’argomento si sta ampliando sempre di più, così come l’attenzione ai DSA all’interno dei sistemi educativi e formativi; in questa direzione, allora, è possibile pensare che si stia progressivamente riducendo l’insinuarsi di un pensiero che, probabilmente, per lungo tempo ha portato molte persone (sia i DSA stessi che i rispettivi docenti) a reputare non idonei o capaci a intraprendere o a progredire all’interno dei percorsi di studio, coloro i quali dimostravano difficoltà nei processi di apprendimento (Dettori, 2018).
Per questo è importante parlare di DSA anche in età adulta (nonostante la maggior parte delle ricerche in ambito scientifico si riferiscono al loro studio nella sfera dell’infanzia) dato che molti studenti, uscenti dalle scuole superiori, decideranno di intraprendere un percorso di tipo accademico.
Rilevazioni condotte negli ultimi anni (Re, Lucangeli, Cornoldi, 2011) mostrano come, in ambito accademico, tutti gli studenti con trascorsi di dislessia continuino ad avere notevoli difficoltà durante il proseguimento dei loro studi: questa è una realtà di grande interesse pedagogico, resa ancora più incisiva se si considera che, già a ridosso dell’emanazione della Legge 170/2010, nelle università italiane circa il 70% degli studenti con dislessia è stato riconosciuto e diagnosticato dopo l’iscrizione (Ghidoni, Angelini e Stella, 2010).
Durante il percorso universitario, in base al tipo di disturbo e al personale profilo neuropsicologico, uno studente con DSA potrebbe ritrovarsi, infatti, a fronteggiare ostacoli che sembrano, talvolta, anche oltrepassare le difficoltà strettamente connesse al dominio specifico interessato (lettura, scrittura, calcolo), necessitando, ad esempio, di più tempo per organizzare il proprio studio, percependo uno sforzo maggiore per prendere appunti, per comprendere o comporre un testo, nel memorizzare i punti salienti, ecc.
Si sa, allo stesso tempo, che le difficoltà che essi riscontrano nel frequentare un percorso accademico paiono essere, spesse volte, inferiori rispetto alla precedente esperienza nella scuola dell’obbligo, questo perché i tempi più dilatati che l’università concede, vista la strutturazione del suo curricolo, permettono di gestire e attuare tempistiche e strategie di studio con una pressione minore (Ghidoni, 2011). Ad ogni modo, a priori delle differenti difficoltà che possono esserci, la presenza di studenti con DSA all’interno del percorso accademico è comunque accertata, ecco allora che diviene importante rivolgere loro lo sguardo; tenendo conto della continua crescita di tali studenti all’interno delle università, aumenta conseguentemente la necessità di migliorare le risposte pedagogiche volte ad una didattica maggiormente innovativa anche nel mondo accademico. Le persone con DSA, grazie alla Legge precedentemente citata, possono vedere formalizzato il loro diritto a fruire di strumenti compensativi e misure dispensative, inquadrati entro una didattica che - come si legge nell’Art.5, comma 2a - deve prevedere ampi spazi di individualizzazione e personalizzazione, sia per quanto concerne il percorso di apprendimento, sia per il superamento delle prove di valutazione. Soprattutto per fare fronte alle esigenze dei più fragili, la personalizzazione e l’individualizzazione sono, infatti, due approcci molto rilevanti che vanno tenuti in considerazione in fase di pianificazione didattica per sostenere il pieno successo educativo e formativo del singolo (Frabboni, Baldacci, 2004).
Con la legge 170 l’accento viene posto, soprattutto, sulla scuola, probabilmente perché rappresenta il contesto principale in cui i DSA si manifestano; ma, seppur in modo meno esplicito, lo sguardo è teso anche verso il mondo accademico, stabilendo che le misure per le pari opportunità di inclusione devono essere estese all’università. Anche nel percorso universitario, è infatti necessario garantire il proseguimento o l’adozione di misure quali il supporto didattico, la personalizzazione e l’individualizzazione di strategie, le modalità compensative e dispensative così come adeguate forme di verifica e di valutazione.
Al netto delle criticità e delle lacune che si possono rilevare nel testo di legge (Stella, Savelli, 2011), tale norma e le annesse Linee Guida promulgate nel 2011 si fanno promotrici di un cambiamento culturale che si dirige su varie fronti e che, in particolare, ha portato le scuole e le università a porsi il problema dell’erogazione di una didattica innovativa e capace di rispondere prontamente e con efficacia ai bisogni di coloro che hanno un DSA; inoltre, tali direttive raccolgono quanto è stato scritto e ribadito, a più voci, a livello internazionale in molti documenti (OMS, UNESCO, EU, ecc.): serve una forza politica capace di sostenere e promuovere nuovi approcci all’inclusione e alla tutela delle categorie più fragili della nostra società, con un’attenzione particolare alla sfera dell’educazione.
Favorire l’inclusione degli studenti universitari e il loro successo formativo presuppone un ripensamento delle modalità e delle strategie didattiche attuate all’interno degli Atenei. Il riferimento è, in particolare, alla necessità di una didattica universitaria che non può continuare ad essere sempre legata a modelli tradizionali come la lezione frontale, uguale per tutti.
Ad esempio, l’utilizzo delle ICT/TIC, previsto nelle competenze chiave richiamate anche dalla normativa internazionale europea dai Descrittori di Dublino del 2004 e alle Raccomandazioni del Parlamento europeo e del Consiglio sulla costruzione delle competenze (cfr. le 8 competenze chiave della Raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa a competenze chiave per l'apprendimento permanente, pubblicata in Gazzetta ufficiale L.394 del 30.12.2006), può consentire ai docenti di trasformare la loro didattica, rendendola accessibile e flessibile in funzione dei bisogni degli studenti. L’uso di forme di comunicazione e rappresentazione diverse permetterebbe allo studente di sfruttare al meglio le proprie abilità per acquisire le informazioni tramite il processo a lui più congeniale.
Un supporto didattico ben definito, assieme alla messa in campo di forme personali – talvolta alternative - di acquisizione delle conoscenze e di espressione, risulta determinante per il superamento delle possibili difficoltà che possono presentarsi durante il percorso universitario. Concretamente, uno studente, a maggior ragione con DSA, potrà riuscire con successo, se gli sarà concesso, ad esempio, di usare materiale didattico chiaro, sintetico e ben organizzato; disporre di tempo necessario per sistematizzare le conoscenze; avere con anticipo il programma, la bibliografia, il calendario e le scadenze; usare gli strumenti compensativi e le misure dispensative per lui funzionali; conoscere le modalità di svolgimento delle prove di esame; infine, ma non per questo meno importante, instaurare un dialogo continuo con il docente. Quest’ultimo, attraverso semplici accorgimenti nella gestione delle proprie lezioni, può fungere da ruolo attivo nel potenziare i processi di apprendimento. Rendere la lezione facilmente fruibile a un insieme di studenti, che includa anche persone con difficoltà, significa rispettare i diversi tempi e modi di apprendimento sostenendoli con azioni concrete, quali l’utilizzo di linguaggi multimediali nel veicolare informazioni e conoscenze, l’attivazione di frequenti occasioni di feedback, la messa a disposizione di materiali didattici variegati, oltre che la più conosciuta possibilità di far registrare la lezione. All’interno di un ipotetico momento formativo, potrebbe essere funzionale all’apprendimento, presentare i concetti fondamentali in forma sia scritta che orale incorporando nella lezione tutte le forme di rappresentazione sintetica, utili a esporre graficamente quanto spiegato attraverso illustrazioni, grafici, carte, foto, tabelle, mappe concettuali, oltre che mediante le possibili rappresentazioni multimediali. Sarebbe opportuno che il docente avesse cura di considerare tutto il contenuto presentato tramite slide o altre modalità come parte integrante della lezione, adeguato alle effettive capacità di recezione dello studente. Questi altri materiali non hanno il compito di distogliere l’attenzione da quanto esposto oralmente dal docente, ma al contrario fungono da valido supporto ai messaggi veicolati.
Da prevedere all’interno dell’organizzazione didattica, i feedback di verifica dell’apprendimento che rappresentano momenti necessari allo studente nell’opera di costruzione del suo personale metodo di studio, al fine anche di correggerlo o reimpostarlo. Questi consistono nella progettazione di uno spazio pensato per rispondere alle domande degli studenti, nella programmazione di prove intermedie con attenta correzione delle stesse, nell’implementazione di occasioni di ricevimento individuale, ma anche di confronto tra gli studenti stessi (attraverso, ad esempio, gruppi di discussione).
Inoltre, la possibilità di accedere con anticipo a esempi e tracce di prove di esame già svolte può aiutare lo studente a seguire correttamente la prova o, quantomeno, a individuare e concordare, per tempo, la concessione di misure compensative e dispensative adeguate al superamento delle eventuali difficoltà.
Per i processi di sistematizzazione e memorizzazione dei contenuti sappiamo, ormai, da tempo, quanto le mappe concettuali siano un valido strumento nel compensare eventuali carenze, permettendo di visualizzare graficamente un insieme di conoscenze espresse attraverso un reticolo organizzato di concetti. Questo supporto rientrerebbe tra le buone regole indicate dalle Linee Guida della CNUDD che suggeriscono di accompagnare alla possibilità di utilizzare ausili tecnologici la disponibilità di materiale didattico accessibile. Idealmente, le mappe più utili restano quelle realizzate personalmente dagli studenti, ma se ben costruite, anche i docenti potrebbero giovarne per veicolare, con maggiore efficacia, informazioni fondamentali ed altro materiale didattico. Potrebbero essere presentate dal docente stesso al termine delle lezioni o di singole sezioni per riassumere i principali concetti trattati, oltre che per accompagnare la spiegazione, o costruendole assieme “in corso d’opera” in accordo con la trattazione degli argomenti.
Inoltre, quando possibile, per favorire la piena fruizione della lezione, bisognerebbe prestare particolare attenzione alla durata delle spiegazioni e all’uso del tempo a disposizione che dovrebbe sempre prevedere dei margini per il chiarimento e la sistematizzazione di quanto esposto. Suddividere ciascuna lezione in più sezioni di durata non eccessiva (45 minuti) coincidenti con un singolo argomento, rispetterebbe la naturale curva di attenzione sostenuta; allo stesso tempo prevedere, a conclusione di ogni singola sezione, un riepilogo di quanto trattato, concedendo spazio necessario per eventuali domande, sosterrebbe la strutturazione del processo di apprendimento, rendendo più facile allo studente la focalizzazione sui contenuti principali della lezione e conseguentemente l’annotazione di appunti comprensibili (anche riletti a distanza di tempo).
Tutti questi accorgimenti fanno riferimento a possibili criteri generali su come strutturare una lezione che si potrebbe definire “DSA friendly”, ma ovviamente andrebbero modellati tenendo conto delle specificità delle singole discipline e delle finalità dei diversi corsi di studio. Altra cosa ancora, sono le prassi di comportamento da applicare per gestire le prove di esame per studenti con DSA, di cui, tuttavia, si conosce e si parla maggiormente e da più tempo. Gli studenti universitari con DSA hanno diritto, infatti, a un trattamento personalizzato in sede di esame, eventualmente anche tramite specifici ausili tecnologici. L’adeguamento delle prove deve essere preventivamente concordato con il docente e può essere fatto riferimento a quanto previsto dalle Linee Guida allegato al Decreto Ministeriale n 5669 del 12 luglio 2011.
Si capisce, quindi, quanto nel processo di creazione di contesti educativi il lavoro formativo coinvolga sinergicamente allo stesso modo docenti e studenti. Occorrerebbe, pertanto, entrare sempre più nella logica sistemica dell’Universal Design (UD) (Sanchez, Pagliara, de Anna, Relazione Convegno ALTER, Losanna, 2017) che ha lo scopo di rendere fruibili e accessibili ad ogni categoria di persone - indipendentemente dalle proprie caratteristiche personali- ambienti, servizi e strumenti utili al proprio percorso di formazione. In tal senso, l’università è chiamata a rispondere ai bisogni di tutti gli studenti e non solo di alcuni, configurandosi, quindi, come uno spazio dove tutti hanno tecnicamente e pedagogicamente accesso alle risorse disponibili.
L’istruzione, lo studio e l’apprendimento rappresentano aspetti particolarmente importanti nel processo evolutivo di tutti, visto che guidano ed indirizzano il soggetto lungo un percorso di consapevolezza e competenza finalizzato alla realizzazione di un progeƩo di autonomia ed emancipazione. Ogni progetto conoscitivo ed educativo deve avere lo scopo di trasmettere conoscenza e sapere e, più specificamente, deve porsi, come obiettivo, lo sviluppo di qualità, competenze ed abilità nell’individuo, considerando sia i contenuti da trasferire, sia le modalità di questo trasferimento, e valutando, infine, la platea a cui questa trasmissione è indirizzata. Pertanto, nell’ambito educativo, non è possibile riconoscere una linearità di apprendimento nei percorsi di ogni singolo soggetto, ma piuttosto, una peculiarità di esigenze e strumenti. L’aumento considerevole delle iscrizioni negli atenei italiani di studenti con disturbi specifici e/o disabilità, sembra rappresentare una diretta conseguenza dell’atteggiamento di maggiore tutela del diritto allo studio promosso e favorito dalla legge, ed in particolare, delle specifiche modalità di intervento e dei modelli di didattica personalizzata che, nei limiti delle risorse disponibili e nell’ambito dei differenti corsi di studio, si avvalgono di strumenti compensativi e forme di verifica e valutazione a misura.
Tuttavia, soffermarsi a considerare solo le difficoltà incontrate dal soggetto nel percorso di apprendimento, trascurando del tutto le sue diverse potenzialità, sarebbe fortemente riduttivo. Vi sono, infatti, differenti stili ed approcci di apprendimento che si diversificano da soggetto a soggetto, così come diverse modalità con cui il soggetto elabora le informazioni. Ogni individuo, inoltre, può possedere la sua personale dose di creatività, indipendente dal proprio livello culturale, che nei soggetti con DSA si tramuta spesso in modalità di pensiero alternative e in una particolare abilità nella soluzione di problemi.
Pertanto, se si considerano attentamente tutte queste caratteristiche è possibile far emergere capacità, talenti e punti di forza, ed avere una versione positiva del disturbo che si può tradurre in un approccio didattico adeguato (Bonfiglio, 2018).